Di Flavio Verzola.
Niente onde californiane, niente surf e guerra del Vietnam, niente Beach Boys, ma solo una esaltante serata primaverile romana, che merita uno strappo alla regola.
Un editoriale che, per una volta, non vede l’Inter protagonista, ma solo spettatrice sonnecchiosa e gufante. Come insegna il teorema di Prisco, maestro di vita per tutti noi: “Tifo Inter e tutte le squadre che giocano contro Milan e Juve”. Così guardiamo la finale di Coppa Italia con moderato interesse, giusto perché l’eliminazione, dovuta a demeriti nostri e a qualche piede avversario, brucia ancora.
Non è che la banda Orsolini ci stia particolarmente simpatica, ma il nemico del mio nemico è mio amico, o quasi. Quindi si cerca il male minore e si tifa Bologna, con il rammarico di non essere noi all’Olimpico. In ogni caso, una fastidiosa sciatalgia mi avrebbe impedito di esserci, quindi Brufen prima del fischio d’inizio, alla disperata ricerca di una posizione sul divano che dia meno dolore.
Oltre all’antinfiammatorio per eccellenza, c’è un nuovo preparato che fa miracoli: si chiama “Ndoye”, disponibile per tutti in bustine o compresse, mentre per i milanisti è disponibile esclusivamente in supposte.
Non possiamo negare una mattinata particolarmente esilarante. Il tifo contro non è affatto antisportivo: basta con questo melenso, ipocrita e inutile buonismo calcistico. Liberiamoci, una buona volta, nella sincerità, ammettendo che la gufata e la soddisfazione di vedere il nemico cadere sono uniche e fanno parte del gioco.
Ho sempre rischiato di essere arrestato per atti osceni in luogo pubblico, con una profonda ravanata nascosta dalla tasca, ogni volta che un milanista o un gobbo mi propina la solita frase ipocrita: “Quando gioca un’italiana in coppa, io tifo per loro”. Niente di più insano e portatore di sfiga totale.
Preferisco mille volte un sincero tifo contro, puro, onesto, giusto nella sua cattiveria e dichiarato! Sfido chiunque di loro a non aver provato un pizzico di piacere al gol del Barça all’87’, anche se subito rovinato dal coitus interruptus di Acerbi cinque minuti dopo.
Certo, il tifo contro e il gufaggio hanno un limite di buon gusto. Non tutti raggiungono la summa intelligentiae del pensiero prischiano, e molti scadono in volgarità gratuite, inaccettabili soprattutto tra gli addetti ai lavori.
In questo mi sento orgoglioso dei nostri ragazzi e della nostra società: nella storica e leggendaria seconda stella in faccia, avrebbero potuto comportarsi molto peggio. Di certo, vedere il sigaraio non mettersi la medaglia di latta e non dare la mano ai bolognesi festanti è la dimostrazione che bisogna saper vincere, ma soprattutto saper perdere. Loro non riescono a fare nessuna delle due.
Detto questo, temevo l’esito della finale: se l’avessero vinta loro, sarebbe diventata immediatamente la coppa più preziosa dell’universo galattico conosciuto.
Italiano ha la nomea di essere un integralista, con il suo calcio offensivo e spesso squilibrato, e una tradizione funesta nelle recenti finali giocate dalle sue ex squadre. I ratti, consapevoli di ciò, sognavano praterie aperte per i loro contropiedisti. E, per poco, non ci prendevano.
La partita è stata equilibrata, soffocata dall’importanza storica per entrambe. Il Bologna non vinceva una finale dalla stagione 1973/74, conquistata ai rigori contro il Palermo, con il capitano Giacomo Bulgarelli che sollevava la coppa. I ratti, invece, da oltre vent’anni, passano il tempo a bistrattare e ignorare le vittorie altrui.
Una stagione, la loro, decisamente fallimentare, con la magrissima consolazione di aver dato tutto nei derby, il che non fa altro che accrescere la mia odierna soddisfazione.
La vittoria di Musetti, a pochi metri dall’Olimpico, dà lustro a questo mercoledì da leoni. Evidentemente, il milanista Sinner presente sugli spalti, un difetto doveva pur averlo, non ha portato fortuna, mentre il minimo gufaggio del vincente Lorenzo, essendo gobbo, deve aver indirizzato gli Dei verso la scelta bolognese.
Ergo, sigaro spento, ratti scomparsi nelle fogne più profonde e meritatissima festa sotto i portici della Bologna gaudente. Ora, per par condicio, a loro non resta che fare tutte le macumbe possibili per il nostro finale di stagione. Del resto, sono terrorizzati dal possibile esilio nel sottosuolo di Milano: una nostra vittoria a Monaco sarebbe come saldare i tombini della città, condannandoli a un’estate da carcerati in isolamento.
Pensare troppo a loro non porta bene, quindi concediamoci una mezza giornata di giusti e doverosi sfottò, ma da stasera concentrati e carichi sulle nostre finali. Marcia avanti!