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I tempi gloriosi dell’Ambrosiana-Inter (1928-1945)

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ll 31 agosto del 1928 l’Internazionale assorbe l’Unione Sportiva Milanese e diventa Società Sportiva Ambrosiana.

Il Regime fascista mostrò severità e già nel 1927 impartì delle disposizioni categoriche e imperative che avevano lo scopo di ridurre il numero della squadre ad una sola per città.Fu tutto un fiorire di club gloriosi come Roma, Napoli e Fiorentina. Ernesto Torrusio, luogotenente del gerarca fascista Rino Parenti nonchè presidente della U.S. Milanese decise d’imporre la fusione all’Internazionale.

La gloriosa maglia nerazzurra fu abbandonata a beneficio di quella bianca con una croce rossa che era il simbolo di Milano e il fascio littorio al centro della casacca. Il nome Ambrosiana derivava da Sant’Ambrogio, vescovo e patrono della città meneghina.

Dopo il primo settembre del 1928 arriva la ratifica della fusione tra Inter e U.S. Milanese e l’ufficialità fu consacrata da un atto dalla portata storica.

Il campionato, edizione 1929-30, è un campionato che verrà ricordato per due motivi fondamentali; è il primo torneo che si disputa a girone unico e l’Ambrosiana si fregia, per la prima volta, del titolo di campione d’Italia. Le nostre più acerrime avversarie sono il Genova e la Juventus. Per gran parte del campionato le due formazioni sono le protagoniste assolute. Le scavalchiamo in classifica il 16 febbraio e andiamo in testa.

Dopo il nostro pareggio, il 16 marzo, a Bologna per 2-2 accade l’imponderabile perchè da quel momento ci trasformiamo in un rullo capace di travolgere ogni ostacolo. Tra la sedicesima e la trentaquattresima giornata le vinciamo quasi tutte; solo il Genova è capace d’imporci uno spettacolare 3-3.

Protagonisti di una corsa solitaria andiamo dritti verso la consacrazione di una squadra che si fa amare. Il 29 giugno del 1930 è la data da ricordare perché battiamo la Juventus per due a zero con le reti di Viani e Conti.

Siamo campioni d’Italia con 50 punti e due di vantaggio sul Genova, secondo in classifica. Arpad Weisz e i suoi ragazzi sommano ventidue vittorie in totale, minor numero di sconfitte (6) e un attacco da sogno (85).

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Meazza è capocannoniere con 31 reti mentre il romanista Volk si ferma a 24. Gol che valgono, per il giovane attaccante nerazzurro, la chiamata in Nazionale. Sono numeri che testimoniano come l’Ambrosiana fosse una splendida realtà del calcio nazionale. Meazza, l’alfiere di una squadra fortissima.

Trascorrono otto anni e l’Ambrosiana si ripete

Bologna, Lazio e Roma si rinforzano. Anche l’Ambrosiana mette in atto una campagna di rafforzamento acquistando Olmi, Setti e i fratelli Nicola e Antonio Ferrara. La Juventus sfrutta la scarsa vena del Bologna, innesta la quarta e si avvia a conquistare immediatamente la vetta. Cerca l’allungo in classifica mentre Foni e Rava la sospingono. L’Ambrosiana, dal canto suo, sviluppa un gioco diretto a sfruttare, al massimo, la vena realizzativa di Meazza; tutto nel gioco nerazzurro sembra rivolto a capitalizzare il talento sottorete del giovane milanese. Meazza, meglio noto come “Il Balilla”, era la delizia del pubblico; la sua classe era inimitabile e con lui si poteva sognare. Sogno che puntualmente si avverò.

Ultima giornata d’andata e 9-2 sul Bari. Tra noi e i nostri più immediati inseguitori ballano quattro punti di vantaggio. Juventus, Bologna e Genova si mantengono a distanze ragionevoli nel tentativo di spezzare la corsa dei milanesi. I genoani sono gli avversari più temibili. Sfruttano un nostro passo falso con la Triestina per portarsi a un solo punto da noi ma cadono nel derby e lasciano il ruolo di inseguitrice alla Juventus. I bianconeri ci agganciano in testa alla classifica dopo averci battuto nello scontro diretto. La lotta per lo scudetto è avvincente. La Juventus spreca parecchie occasioni per prendere il largo e solo nell’ultima giornata con un lotto di cinque squadre ancora in lizza per la vittoria finale l’Ambrosiana espugnò Bari. E Meazza si laureò capocannoniere per la terza volta dopo il 1930 e il 1936. Il periodo d’oro dell’Ambrosiana sembra inarrestabile. Il 18 maggio del 1939 Sain, Buonocore, Setti, Locatelli, Olmi, Campatelli, Frossi, Demaria, Guarnieri, Meazza, Ferraris II battono a Roma il Novara per due a uno (8’ Ferraris II, 36’ Frossi, per i piemontesi Marchionneschi, 59’).

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E’ la nostra prima Coppa Italia. Al termine di un percorso non facile per i nostri campioni; gli avversari incontrati militavano, infatti, tutti in serie A. Leggendario fu il terzo scudetto di cui si fregiò l’Ambrosiana. Meazza dovette restar fuori dalla rosa titolare per via di un embolo che colpì il suo piede sinistro. La decisione della società fu quella di puntare sulla riserva Guarnieri che ripagò la fiducia data in termini di realizzazioni (16). Tony Cargnelli guida dalla panchina; lo scudetto arrivò all’ultima giornata battendo il Bologna con una rete segnata al 9’ da Ferraris II. Scappò Frossi sulla destra, centrò, Barsanti fece una finta, arrivò Ferraris II in corsa che segnò l’1-0. Non ci furono feste particolari per lo scudetto perchè il paese era nel clima della guerra. (n.d.a. Le parole, di Peppino Prisco, sono state tratte dal libro “Il calcio siamo noi” di G. Lotito e F. Grassia). Non era mai accaduto che proprio all’ultima giornata le squadre direttamente in lotta per lo scudetto si trovassero l’una di fronte all’altra.

Gli emiliani, campioni in carica, si presentarono alla sfida decisiva con un punto in più; l’Ambrosiana è devastante e davanti a 43.000 spettatori (incasso record di mezzo milione di lire), nella domenica del 2 giugno 1940, conquista uno scudetto dal profumo unico e speciale. Si giocò non all’Arena ma a S. Siro perché il nuovo stadio era in grado di accogliere più spettatori. Campatelli, De Maria e Guarnieri furono i trascinatori di quella squadra. La ricordiamo attraverso la formazione pressochè titolare: Perucchetti; Poli, Setti; Locatelli, Olmi, Campatelli; Frossi, De Maria, Guanieri,Candiani, Ferrairis II. Il 28 ottobre 1945 l’Internazionale, che dal 1928 si chiamava Ambrosiana, torna al nome datole alla fondazione nel 1908.

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