Var a chiamata. Le polemiche per il rigore concesso all’Inter domenica scorsa nella gara contro il Napoli hanno riacceso il dibattito sul Var. L’allenatore partenopeo Antonio Conte, nel post partita ha chiesto in modo furioso dinnanzi le telecamere che il protocollo venga rivisto perché non è accettabile che un arbitro non venga richiamato al monitor in caso di contatto dubbio, anche se questi è in una posizione ottimale e idonea per poter prendere una decisione e fare una valutazione autonomamente.
Conte si è fatto portavoce di un intero movimento italiano che, a detta sua, sarebbe a favore ad un utilizzo più massiccio della tecnologia. L’allenatore del Napoli mostra di non conoscere bene il protocollo e perché il Var è stato introdotto nel mondo del calcio. Il Video Assistant Referee è stato introdotto nel mondo del calcio non per sostituirsi all’arbitro ma per fungere da supporto SOLO e sottolineo SOLO in caso di errore grave del direttore di gara che conserva la sua autonomia decisionale sempre e comunque.
Errore grave può essere un calcio di rigore evidente non visto in campo perché magari l’arbitro ha la visuale coperta. Oppure al contrario l’assegnazione di un rigore che poi si rivela molto dubbio. Oppure per fallo grave. Poi ci sono circostanze in cui il Var interviene in modo silente e senza bisogno che il direttore di gara vada al monitor, come ad esempio nei casi dei gol annullati per fuorigioco.
Nel caso di domenica, Mariani era in una posizione ottimale che gli ha permesso di vedere il contatto e l’entità dello stesso tra la gamba di Dumfries e Anguissa. Se il contatto fosse stato inesistente, allora è ovvio Mariani sarebbe stato chiamato al monitor. Ma siccome il contatto c’è stato, a difesa di quella autonomia che i direttori di gara chiedono di mantenere a gran voce (altrimenti sarebbero solo dei burattini in campo), si è lasciati a Mariani l’onere e la responsabilità della decisione. Ha visto, ha valutato e ha deciso. Punto.
Finché il protocollo resterà tale e finché gli allenatori non capiscono quali sono le regole e come si utilizza, ci saranno ogni domenica polemiche attorno al Var e alle decisioni prese dagli arbitri. Per questo credo che i tempi siano maturi per introdurre una miglioria che metterebbe a tacere tutte le polemiche, ovvero il Var a chiamata.
Var a chiamata: come funziona
Esattamente come già accade nel volley o nel basket, dev’essere data la possibilità all’allenatore o al capitano di richiedere una verifica al monitor nel caso di falli da rigore non fischiati o concessi con il dubbio. O nel caso di espulsione. Non tanti, un paio di possibilità a partita, meglio una per tempo.
Se la revisione conferma la richiesta della squadra, la chiamata non viene decurtata (come avviene in sport come volley, tennis e football americano).
In questo modo società, allenatori e calciatori si sentirebbero meno impuniti, l’arbitro si sentirebbe più sicuro e tutti contenti. Il problema tempistiche non si pone perché 1-2 chiamate per squadra a partita porterebbero via davvero poco tempo.
L’Italia è una delle prime nazioni al mondo a chiedere ufficialmente all’IFAB la sperimentazione nei campionati giovanili e in Serie C.
Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, durante il convegno ‘Il calcio che l’Italia si merita’ in corso presso la sede del Corriere dello Sport ha però dichiarato: “Il calcio italiano ha già proposto il Var a chiamata, ma l’IFAB ha detto no”.
Onestamente non si capiscono i motivi.