Di Flavio Verzola.
Il derby… come perenne stato di angoscia!
Estremizzando l’insana passione per il nerazzurro, il derby rappresenta per tutti, o quasi, la madre di tutte le prove. L’eterna discussione tra tifosi schierati su quale sia la vera nemesi divide gli anti: spesso, tra le mura meneghine, il derby è uno solo, mentre la “meretrice sabauda” è più ignorata e disprezzata che odiata. Fuori Milano, invece, la Juventus è il nemico numero uno!
Io rispondo con una diplomatica affermazione: “Ho il cuore grande per odiarvi tutti”, direttamente dal lupo e la nonna di Cappuccetto Rosso! Mento sapendo di mentire: il livello di ansia raggiunto nei derby è di gran lunga superiore a qualsiasi altra partita! Al punto da aver sperato in un’eliminazione “soft” con la Lazio… invece, nada de nada!
Questa Coppa Italia si culla tra sogni di lontani tripleti e impegni che forse sarebbe stato meglio evitare. Sì, perché le scorie del derby sono molto più che radioattive: l’ansia per l’eventuale sconfitta è molto più distruttiva della gioia per una vittoria.
Indimenticabile vincere la seconda stella in faccia, uno schiaffo che resterà nella storia! Ma il ricordo degli ultimi dieci minuti prima del fischio finale sarà sempre terrore puro.
Derby eterno: gioia o tribolazione?
Se mi cancellassero il derby per sempre, con divisione equa dei punti, rinuncerei di buon grado alla gioia estrema della vittoria, pur di non vivere la tribolazione della possibile sconfitta. Le vittorie scorrono come le acque pure di un ruscello di montagna, mentre le sconfitte restano cicatrici incancellabili nell’animo lacerato, che il tempo riesce a malapena a lenire.
Giochi bene o giochi male? Non conta.
Meriti o non meriti? Conta ancora meno.
Se il calcio è spietato, il derby lo è all’ennesima potenza. Conta solo ed esclusivamente vincere… o almeno non perdere!
La Coppa Italia, di per sé, intriga, ma non più di tanto. Certo, sarebbe simpatico – come direbbe papà Moratti – fregiarsi della stella d’argento delle 10 coppe, ma non ci perdo il sonno. Uscire con loro, con la consapevolezza della nostra inequivocabile superiorità? Un incubo terribile!
Anche perché, a denti strettissimi, devo ammettere che sono comunque una buona squadra. Se avessero avuto una dirigenza minimamente preparata e un modesto e volenteroso allenatore, se la sarebbero giocata con noi e con i “Pulcinella”.
La tensione di una partita unica
Il derby è la partita più semplice per un allenatore: le motivazioni sono tali che si prepara da sola. Loro arrivano come ultimissima spiaggia, noi incerottati, con defezioni importanti e l’imperativo categorico di preservare le forze per il finale di stagione. Ne viene fuori un derby spigoloso e costantemente in bilico.
Occasioni da entrambe le parti e la spada di Damocle che traballa sulla testa! Il crine si rompe, cade, ma non ci uccide. Al gol di Abraham, lasciato colpevolmente solo e libero di girarsi in area, rispondiamo con la calma dei forti.
Visti i precedenti funesti, la considerazione più consolante è che questi ragazzi mantengono una calma ammirevole: niente disperazione in campo, niente isterismi. Si gioca e basta! La tachicardia si lascia ai tifosi: la squadra ha un’autostima granitica.
Il Sultano, vero giocatore insostituibile di questa Inter, prende in mano la squadra. Tanto odiato da loro quanto amato da noi, dimostra la sua immensa classe, aumentando il loro oceanico rimpianto.
“Il Chala lo sai perché… tu non segnavi mai…”
Diventa un boato dello stadio e una coltellata nel loro fegato spappolato! Una rasoiata che infila l’ottimo Maignan per il pareggio e rimanda tutto alla partita di ritorno tra venti giorni.
Con la speranza di recuperare il maggior numero possibile di infortunati, ci attende un’ennesima battaglia. Ma questa squadra è pronta: su questo, nessun dubbio.
Nemmeno il tempo di respirare che si va al Tardini di Parma. Tra dolci ricordi di scudetti vinti sotto il diluvio e cariche della polizia fuori dallo stadio, troveremo un vecchio e caro amico, che non ci farà sconti.
Ma fa parte del gioco… scusaci, Cris, ma ci serve la vittoria!
Marcia avanti.