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Moratti: “Ho venduto l’Inter e non mi sono pentito. La A sarà tutta straniera”

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Al momento, delle 20 attuali società militanti nella maggiore serie del campionato italiano, ben 11 sono sotto il controllo di proprietà esterne alla nostra penisola. Un fenomeno che in Italia sembra essere ancora destinato a crescere. Impossibile per una big italiana pensare di competere nel calcio europeo senza un fondo forte e stabile alle spalle. Impossibile sopravvivere per una squadra di seconda fascia dinanzi ai sempre più ingenti costi di gestione di una società. Il risultato per presidenti ed imprenditori italiani è solo uno: vendere. Il là a questa tendenza fu lanciato proprio dall’ex presidente nerazzurro, Massimo Moratti, che ha prima portato l’Inter alle stelle e poi ha dovuto abbandonarla per permettere a questa un futuro che probabilmente non era più in grado di fornirle.

L’intervento di Moratti a Repubbblica

Nel corso del suo intervento a La Repubblica, l’ex presidente nerazzurro ha analizzato i motivi che lo hanno portato alla scelta e il conseguente stato d’animo derivato da questa, offrendo anche una visione di come continuerà ad espandersi il fenomeno di vendita a proprietà straniere e di come queste si approcciano alla gestione di un club. Di Erick Thoir, imprenditore indonesiano che gli subentrò alla gestione dell’Inter, dice: “Uno che aveva mezzi ed era intelligente, con la cessione alla famiglia Zhang anche lui ha fatto un buon affare. Intorno al 2011 ho iniziato a pensare che servisse qualcun altro al comando. I tifosi non sono contenti se hanno un presidente appassionato ma che non tira fuori una lira. Così quando è arrivato l’interesse di Erick Thohir ho deciso di defilarmi, di fare un passo indietro. Il calcio va dove ci sono maggiori possibilità economiche, è normale. E poi qui si parla di fondi, soldi di tanti, oppure di famiglie con enormi patrimoni come i fratelli Hartono, i proprietari del Como, che possono sostenere i costi necessari a gestire oggi una società di serie A. Si va verso una A con tutte proprietà straniere”.

A chi spesso ritiene come le società straniere vedano nell’acquisto di club italiani solamente un affare e nulla di più, quindi un’azione volta solamente all’arricchimento personale e non al benestare del club, Moratti sostiene come questo sia “normale”, e come non si possa pretendere da tutti lo stesso approccio verso una qualsiasi realtà: “Il tifo nasce da bambini, lo si vive, si alimenta il piacere di seguire un club. Chi arriva dall’estero cerca un affare, oppure vede un’avventura interessante. Non si può pretendere da loro la passione che ci mettevamo noi. Qualcuno resiste ancora, ma dovessero ricevere una buona offerta venderanno anche loro”. 

Infine si è passati al possibile fardello pentimento che potrebbe subentrare in chi vende la propria società, soprattutto se fatto a malincuore, un qualcosa che però non sembra appartenere a Moratti, che preferisce guardare a ciò che è stato con un sorriso piuttosto che con malinconia: “Io pentito della scelta? No, ogni cosa ha il suo tempo e io ho consumato bene il mio. Ripenso spesso alla mia Inter, ma non ho mai avuto nostalgia dei miei anni da presidente. È stato giusto fare un passo indietro, ma è stata un’avventura bellissima“.

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