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Jair, la velocità per conquistare il mondo

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Le discese sulla fascia di Jair da Costa divennero nella mia mente un qualcosa di forma romanzesca applicata al calcio. Quasi sentivo l’erba soffice dello stadio; le carezze del brasiliano sul pallone e lui che con la sua corsa invadeva l’aria per arrivare a crossare dal fondo o penetrare in mezzo all’area. Trattenevo il fiato; incominciavo a capire che Jair spesso preparava quello che altri rifinivano o terminavano. Jair era la velocità, il dinamismo; era anche l’Inter che correva e vinceva in quell’Italia degli anni 60’ così belli e carichi d’inventiva. Jair fu acquistato da Angelo Moratti all’indomani dei Mondiali del 62’. Il ragazzo era una riserva nel Brasile fresco campione del mondo che annoverava Pelè come stella assoluta ma il cui firmamento poco concedeva, in termini di spazi, a quel ragazzo nato a Santo Andrè il 9 luglio 1940.

Garrincha era il titolare ovvero uno dei miti intoccabili del popolo brasiliano. Troppa la concorrenza tra i campioni verdeoro ma il ragazzo aveva talento e l’Inter lo fece suo. Nell’Inter di Herrera giocò nel ruolo di ala. La maglia numero 7 entrò nel cuore dei tifosi nerazzurri, regalò magie e instancabili corse sino a fare di Jair una delle ali più forti del mondo. Quattro scudetti, due coppe dei campioni e due coppe intercontinentali, questi i trofei vinti dall’attaccante interista.

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Suo il gol decisivo in finale di coppa campioni contro il Benfica volto a suggellare l’ennesimo trionfo di una squadra molto amata e giustamente considerata tra le più forti di tutti i tempi. In patria si era affermato appena ventenne tra le fila del Portuguesa de Desportos, una squadra di San Paolo. Fisico robusto, Jair aveva una grande intelligenza tattica. Un generoso; ripiegava e si sfiancava per aiutare la squadra in difficoltà. La stampa brasiliana, quella accreditata, lo vedeva di buon occhio tanto che in occasione dei mondiali del 62’ spingeva per vedere il suo nome tra i titolari. Garrincha la spuntò in virtù della maggiore esperienza. In Italia venne scartato dal Milan perché ritenuto gracile dal punto di vista fisico.

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Fece così le fortune dell’altra squadra milanese. Un’ala moderna e molto veloce. Capace di creare situazioni pericolose in maniera costante e repentina, rappresentava uno degli strumenti di H.H per insidiare le aree avversarie. Jair rappresentava il cambiamento di campo in un batter d’occhio; poteva agire anche da seconda punta e faceva male. L’immagine a cui restiamo più legati è senza dubbio la rete segnata al Benfica. Una partita rimasta storica. Un campo reso fradicio dalla pioggia. I nostri immortalati come guerrieri e il furbo Jair che fa partire un tiro dalla distanza che il portiere non riesce a trattenere. Un gol decisivo e pesante come il campo di quella notte indimenticabile. Dopo nove anni di Inter torna in Brasile per giocare nel Santos accanto a Pelè, il suo eroe da sempre. Lui, invece, resta un nostro eroe.

Amala!

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