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Ivanoe Fraizzoli, un galantuomo alla guida della Beneamata

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Ivanoe Fraizzoli diventa dirigente nerazzurro nel 1960 e nel 1968 subentra ad Angelo Moratti nella carica di presidente. Lega la sua presidenza a due scudetti (1971 e 1980) e due Coppe Italia (1978 e 1982).

Nel 1972 arriva alla finale di Coppa dei Campioni e nel 1981 in semifinale. Milanese doc era un uomo dalla grande fede nerazzurra. Acquistò l’Inter nel maggio del 1968. Un’operazione, dal punto di vista fideistico, bella ed entusiasmante. Molto difficile invece dal punto di vista pratico; Moratti aveva vinto tanto e profuso parecchi denari per fare dell’Inter una tra le squadre più forti del mondo. Il suo fu un atto d’amore verso la squadra per cui aveva tifato sin da bambino; lui che amava parlare della sua militanza nel settore giovanile nerazzurro.

Fraizzoli fu chiamato a ricostruire l’ambiente e a porre le basi per vincere di nuovo. L’Inter è un ambiente, per storia e tradizione, spietato in cui la vittoria deve rappresentare sempre una conseguenza. La squadra, che negli anni precedenti aveva sfidato e battuto il mondo, nelle ultime annate era stata completamente rivoluzionata senza tuttavia ottenere risultati significativi. Fraizzoli decide di cambiare qualcosa e avvia la svolta. Sostituisce Herrera con Foni e rileva Allodi con Manni e in un paio d’anni arrivano Giubertoni, Frustaluppi, Bertini, Jair, Lido Vieri e Boninsegna. Dal vivaio interista fanno il grande salto in prima squadra Bordon, Bellugi e Oriali.

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A campionato in corso Heriberto Herrera sostituisce Foni per poi lasciare definitivamente il suo posto a Invernizzi. Quando Invernizzi si siede sulla panchina nerazzurra siamo alla quinta giornata e abbiamo solo quattro punti in classifica. Superiamo il Milan che ci precede e diventiamo campioni d’Italia con due giornate d’anticipo. In questo modo vinciamo lo scudetto nel 1971.

Solo sei mesi prima stazionavamo a metà classifica. Primi, grazie ad una marcia irresistibile, eccezionale e irripetibile come ebbe a dire il tecnico campione d’Italia Invernizzi. Parte della straordinarietà risiedeva senza dubbio nelle doti del tecnico di Abbiategrasso; il suo modo di lavorare agiva sui muscoli ma era peculiare il saper vibrare il cuore dei suoi ragazzi. Come dire che la tecnica e la tattica sono senza dubbio componenti importanti ma l’ardore e lo spirito in campo possono essere altresì decisive.

L’anno seguente l’Inter arrivò alla finale della Coppa dei Campioni. A Rotterdam due reti del grande Cruijff piegarono i sogni di gloria dell’Inter dopo che Boninsegna, sullo 0-0, fece quasi cadere un palo con un bel tiro da fuori area. Seguì un periodo di declino. Anni deludenti in cui la massima aspirazione sembrò essere un piazzamento Uefa. Fu allora che Fraizzoli pianificò il riscatto e il ritorno agli anni ruggenti.

Con Mazzola e Beltrami varò un programma triennale per vincere lo scudetto che arrivò nel 1979-80. Era l’Inter di Beccalossi e Altobelli con Marini, Bordon e Oriali a costituire l’ossatura di una formazione tutta italiana. Bersellini, il sergente di ferro a compattare tutto. In Coppa dei Campioni, edizione 1980-81, arriviamo sino alla semifinale contro il Real Madrid di Boskov.

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A Milano, nella gara di ritorno, battiamo gli spagnoli grazie ad una rete al 57′ di Graziano Bini; lo scambio con Beccalossi e Muraro è da cineteca. La partita è vibrante e bellissima. I nerazzurri attaccano per tutta la ripresa, con grande sfortuna: un tiro di proaska colpì l’incrocio dei pali interno e poi il palo alla destra del portiere ormai battuto…. A tratti i contorni della sfida sono quelli di un vero e proprio assedio e il portiere madridista Agustin appare insuperabile.

Una rovesciata eccezionale di Spillo all’86’ avrebbe meritato ben altra sorte. In finale approda il Real Madrid dopo che in Spagna, nella partita d’andata, avevamo perso due a zero. Nel 1984 Fraizzoli, deluso soprattutto dalle nuove norme sui trasferimenti dei giocatori, cedette l’Inter a Ernesto Pellegrini. Con il cuore non si possono più dirigere le società. Questo calcio non lo riconosco più e io sono un uomo d’altri tempi, ebbe a dire il presidente prima di lasciare l’Inter. Un gentiluomo appunto, sino alla fine.

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