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L’Inter e Josè sul tetto d’Europa

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Il 22 maggio 2010 è una data che resterà per sempre impressa nelle menti e nei cuori dei tanti tantissimi tifosi nerazzurri che non vedevano i loro idoli sul tetto d’Europa da quasi mezzo secolo. L’armata nerazzurra, dopo i trionfi di Coppa Italia e dopo uno scudetto conquistato a fatica a Siena, non fallisce all’appuntamento più importante di tutta la stagione

E’ una serata che sa di dolce e amaro, dolce perché finalmente è arrivata la Champions vera ossessione di tutto il popolo nerazzurro, Moratti in primis, e solo chi non la vince non può capire il significato che essa rappresenta.

Amara perché segna la conclusione di un ciclo vincente, a cominciare dal messia che ha reso possibile tutto: Josè Mourinho. Lui per primo ci ha sempre creduto e più volte ha ripetuto: “Quel successo non è nato per caso, ma è nato dopo il match di Kiev”.

Da una parte non sbaglia perché chi ricorda bene quell’incontro non può dimenticare un’Inter in difficoltà sotto di un gol a cinque minuti dalla fine, non può dimenticare i cambi del mago di Setubal capace di giocare l’ultimo quarto d’ora con il solo Lucio in difesa e tutti gli altri elementi riversati nell’area avversari..

Lui sapeva benissimo che una sconfitta quella sera avrebbe significato addio al sogno, ha rischiato ed è andata bene con le reti nel finale di Milito(sempre lui) e di Snejider al novantaquattresimo. Ma la Champions 2010 ha visto un’altra tappa importante, forse anche più importante di Kiev ed è stato il ritorno degli ottavi di finale contro il Chelsea di Ancelotti a Stamford Bridge. Mourinho, in piena emergenza a centrocampo, vara quel modulo che avrebbe poi fatto le fortune dei nerazzurri: 4-2-3-1.

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Nell’occasione Josè dimostra tutto il suo carisma e la sua personalità convincendo un campione del calibro di Eto’ò a fare il tornante snaturandolo dalle sue caratteristiche di rapace in area di rigore.

Questa mossa si rivelerà vincente non solo in Inghilterra ma anche al Camp Nou, quando sotto di un uomo per l’espulsione di Thiago Motta la squadra da vita ad un match tutto difesa portando a casa una qualificazione quasi insperata. Nessuno, proprio nessuno, dimenticherà mai ciò che fece Mou prima e dopo il match, prima dell’inizio entrò in campo da solo e andò al centro del campo facendosi sommergere dai fischi dei tifosi blaugrana quasi a dire: “Vedete, se non ho paura io non la dovete avere nemmeno voi”.

A fine partita non si può dimenticare la corsa per tutto il campo al triplice fischio finale, una liberazione per una qualificazione raggiunta ed alla quale forse, visto come si era messo l’incontro, non credeva nemmeno lui.

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Infine la finale che, a differenza dei momenti già citati, ha forse un solo significato: la cerimonia di premiazione. Vedere Zanetti, capitano di mille battaglie, sollevare la coppa con quello sguardo ripaga la gente dei sacrifici e delle sofferenze.

I tifosi non ci credevano, lacrime di gioia miste a commozione, festa fino al mattino a Madrid ma anche a San Siro quando alle quattro di mattino i giocatori hanno fatto il loro ingresso con la coppa. C’erano tutti meno lui Josè, lui la sua decisione l’aveva presa e stava per abbandonare il Santiago Bernabeu sulla macchina del Real quando decise di scendere e dare un ultimo saluto al suo gladiatore Marco Materazzi.

Un abbraccio forse anche l’ultimo con tutto il popolo nerazzurro per quello che probabilmente rappresenta l’ultimo grande sogno. E’ stato un 2010 magico, finalmente è arrivata la Champions e solo chi la vince sa cosa si prova, non sappiamo se i tifosi potranno ancora provare questa gioia, la cosa importante è averla raggiunta dopo quasi cinquant’anni….

AMALA!

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