La formazione dell’Inter 1970-’71: Vieri, Bellugi, Facchetti, Bedin, Giubertoni, Burgnich, Jair, Bertini, Boninsegna, Mazzola, Corso.Lo scudetto di Invernizzi fu il trionfo che ciascun interista ha sognato e desiderato almeno una volta nella propria vita. Inseguire il Milan come fosse una lepre e vincere la caccia ponendo fine alla convinzione rossonera di sconfiggere i mondi sottostanti, inclusi quelli nerazzurri. In più, partendo da distacchi siderali.
Invernizzi rappresentò il timoniere sicuro e la sua innata fede interista gli permise di crederci sempre anche quando il Milan era un treno spavaldo che inquadrava la stazione di approdo. Si trattò anche del giusto premio ad un presidente come Fraizzoli la cui tenacia si rivelò esemplare. Non ci fu nulla di semplice perché dopo l’Inter di Angelo Moratti era complicato vincere sul solco della leggenda padrona del mondo. Alla prova dei fatti l’Inter si rivelò determinata a rinverdire i più recenti fasti; nuovi capitoli vennero aggiunti per innalzare le gesta di undici uomini, ammantandoli di una gloria salvifica.
Nato da un gruppo di fuoriusciti del Milan, il club interista era diventato uno dei più forti del mondo. Il campionato 70-71 non era iniziato bene per i nostri colori. Alla quinta giornata accusiamo un distacco dalla vetta di ben cinque punti e due turni dopo i punti diventano sette. A Napoli passiamo in vantaggio con Jair che ci illude prima di cadere sotto i colpi risolutivi dei partenopei. Il Napoli di Zoff, Iuliano e Altafini comanda la classifica con 13 punti mentre il Milan è a 11. Mazzola e Facchetti elaborano una tabella per risalire la china e rimontare. Fraizzoli, dopo sei giornate, si è intanto liberato di Heriberto Herrera e si affida a Invernizzi. Un allenatore serio e con tanta voglia di arrivare. “Sono nato interista e morirò interista”, così ebbe a dire, una volta, il nuovo tecnico di Abbiategrasso. Alla decima giornata il Milan prende la testa della classifica e spicca il volo verso il titolo di campione d’inverno. L’Inter, con Invernizzi, è comunque tutta un’altra cosa. Ci crede e così, in ventun partite, andiamo a prendere undici punti ai rossoneri. Invernizzi piazza Burgnich al posto di Cella e rimette in squadra Jair e Bedin che Heriberto Herrera aveva relegato nel dimenticatoio. Si aggrappa, in buona sostanza, ai fuoriclasse della Grande Inter.
L’Inter fu dinamica e guerriera; in grado di lottare per destinazione finale. La difesa è granitica. Il 7 marzo, nel derby, inceneriamo i nostri rivali. I gol magistrali di Corso e Mazzola ci portano ad una sola lunghezza dal Diavolo. La svolta autentica fu data dalla forza dirompente dei nerazzurri che umiliarono il Milan nel risultato finale e nel gioco.
La Grande Inter trascinò e contaminò i più giovani in una gara che rimase nella storia per la supremazia incontrastata sfoderata da Invernizzi e i suoi ragazzi. Il Milan fu azzannato. Corso porta in vantaggio, con una delle sue punizioni, la Beneamata; poi Jair, in contropiede, crossa preciso per Boninsegna che di testa prende il palo. Sandrino Mazzola ribatte in gol. Il capolavoro fu poi proseguito il 28 marzo.
Il Milan cadde sotto i rovinosi colpi del Varese di Liedholm e l’Inter si sbarazza, nel finale di partita, del Catania con una rete di Bertini. Fu il sorpasso, meritato e inseguito con caparbia e convinzione. La lettura di tutto dice che il Milan, dopo un grande girone d’andata, accusò la fatica e fu vittima di una flessione. L’Inter, al contrario, si esaltò nelle difficoltà e nella distanza che la separava dai rivali di sempre.
Il nostro girone di ritorno fu eccezionale; il diavolo fu spedito all’Inferno. Caronte, quel giorno, indossò la maglia nerazzurra. Vinciamo lo scudetto con due giornate d’anticipo. Una grandinata di gol accolse il Foggia a S. Siro mentre la radio riportava la notizia della debacle rossonera contro il Bologna. L’Inter è bella e lucente. Il Milan, già agonizzante, è piegato sulle ginocchia. Con giustezza e merito. L’Inter nella storia, ancora una volta e per sempre.
Inter tutta la vita!