Bisogna, inizialmente, fare qualche passo indietro. Istanbul, 10 giugno 2023. Allo stadio olimpico Atatürk, si sta giocando la finale della Champions League. L’Inter si butta tutta in attacco, per pareggiare il vantaggio del Manchester City di Rodri. Un ultimo arrembante tentativo, prima del triplice fischio, che è vissuto dalla panchina nerazzurra in maniera molto concitata – quasi a credere davvero che il gol meritato sarebbe arrivato.
Ma l’immagine che precede di poco quell’ultimo calcio d’angolo, dopo svariati tentativi sfortunati, parati da un grandissimo Ederson e da un distratto e confuso Lukaku, è quella di Simone Inzaghi che si mostra tarantolato e strattona un suo collaboratore. Una scena che fino a quel secondo anno del tecnico piacentino non si era mai vista.
Forse lì, in quel momento così denso di emozioni, si è capito il senso di quell’appellativo nato per gioco sui social e attribuito a mister Inzaghi: il Demone. Una figura che si è mostrata poi durante la cavalcata verso la seconda stella e che nell’attuale stagione si sta manifestando sempre di più – a sostegno della sua Inter.
Uno scudo a difesa della squadra
Il 2025 è partito con qualche episodio che ha fatto storcere il naso ai nerazzurri e creato polemiche – con casi arbitrali per ogni partita a corroborare le opinioni contro i direttori di gara, il regolamento e l’utilizzo del VAR.
Per l’Inter, in particolare, gli episodi sono riconducibili alle partite contro il Milan in Supercoppa (contatto falloso di Morata su Asllani non fischiato che porta alla punizione del gol rossonero), il Bologna (Skorupski interviene in ritardo su Thuram, ma non viene assegnato il rigore), l’Empoli (mancato rigore assegnato all’Inter per un intervento di Ismajli su Lautaro), il Lecce (un fallo di mano dubbio di Baschirotto) e il derby di campionato (Pavlovic prende la gamba di Thuram e il VAR non richiama per l’on-field-review – non solo, sparisce anche l’audio).
Episodi dubbi che però Simone Inzaghi denuncia, dichiarandosi “arrabbiato” per situazioni che si stanno ripetendo. Alza la voce, così, per far capire che questi episodi cambiano il corso di partite che la sua squadra gioca perfettamente.
Si nota già qualche sintomo di questa trasformazione “demoniaca” – ricalcando ancora una volta il gioco dei social e dei tifosi – che però è anche una sorta di tentativo di alzare le difese attorno ai suoi ragazzi. Emerge soprattutto dopo la brutta sconfitta di Firenze, dove la Fiorentina di Raffaele Palladino si impone per 3 a 0 e vieta l’aggancio dell’Inter al Napoli.
Al termine di quella serata amarissima, Inzaghi decide di assumersi tutte le responsabilità e spostare i riflettori su di sé. Chiude ogni tipo di comunicazione dell’esterno verso i suoi giocatori, lo fa dicendo a tutti: “Abbiamo sbagliato, ma noi siamo l’Inter“. Tocca le corde giuste e la squadra risponde presente.
Interismo
Facciamo, ancora una volta, un piccolo passo indietro. Ma stavolta al derby del 3 febbraio. Dopo tre pali, tre gol annullati, l’Inter sembrava destinata a perdere l’ennesimo incrocio stagionale con il Milan. Prima dell’euforia del gol del pareggio al 93esimo, Inzaghi sfonda un cartellone pubblicitario davanti alla panchina con un calcio. Poi, alla rete di De Vrij, si fionda verso la festa dei suoi giocatori sotto la Nord.
Un segno che precede tutta la carica elettrica del Demone da Piacenza che si è vista in Inter-Fiorentina. Prima mima a Ranieri di fare silenzio – reo di essersi lamentato del calcio d’angolo del primo gol interista -, poi chiede a San Siro di alzare i decibel. Lo stadio, allora, lo segue.
Scatenato dal primo all’ultimo minuto del posticipo di lunedì sera, morso dalla tarantola e vittima di un tarantismo senza precedenti. Che poi esplode con una rabbiosa esultanza con i pugni in alto verso la panchina rivale. Carattere duro e aggressivo che la squadra ha preso dal proprio mister: una partita in cui la grinta e la forza non sono mancate.
In quel momento la simbiosi tra giocatori e allenatore era completa. E sembra che la squadra, tra cui i senatori dello spogliatoio, abbia recepito questa scossa che deriva dall’anima del proprio tecnico. La risolutezza di Inzaghi si mostra nel post-partita: ammette che il calcio d’angolo del primo gol era frutto di una svista arbitrale, comprendendo le recriminazioni della Fiorentina, e affonda sul rigore dubbio concesso ai Viola; poi mostra tutta la sua felicità per la vittoria conquistata dal suo gruppo.
La vittoria, poi, regala tre punti che portano l’Inter a -1 dal Napoli di Antonio Conte, il quale non si ferma dal suo tentativo di affondare il colpo sul piano dialettico. Ma, in queste settimane che precedono lo scontro diretto, sa di avere di fronte qualcuno che non si tirerà indietro: Simone Inzaghi sta mostrando tutto il suo interismo.