Dopo aver chiuso la carriera calcistica, l’ex attaccante dell’Inter, Adriano Leite Ribeiro, noto semplicemente come Adriano, classe 1982, è tornato a Rio de Janeiro, la sua città natale.
Vita nelle favelas
Considerato in giovanissima età uno dei talenti più promettenti del panorama calcistico mondiale, tanto da piazzarsi al sesto e settimo posto nella classifica del Pallone d’oro nel 2004 e nel 2005, quando aveva solo 22 e 23 anni, una volta appesi gli scarpini al chiodo, Adriano ha cambiato radicalmente la propria vita, dopo molti segnali che, nel corso degli anni, lo hanno portato lontano dal mondo del calcio ancor prima di dimostrare tutto il suo valore. Soprannominato “Imperatore”, considerata l’omonimia con il personaggio storico dell’Antica Roma, non è riuscito a realizzare pienamente il potenziale che gli era stato attribuito, tanto che la rivista francese France Football lo ha inserito tra i più grandi talenti sprecati nella storia del calcio.
Dopo una carriera fatta di 376 presenze e 171 gol totali, di cui 177 partite in nerazzurro tra il 2001 e il 2009, con 74 reti realizzate che hanno contribuito alla vittoria di otto trofei (tre Scudetti, tre Supercoppe italiane e due Coppe Italia) e dopo aver annunciato il suo ritiro dal calcio giocato, recentemente è stato immortalato in video virali sui social mentre si trova per strada, indossando una maglietta, pantaloncini e ciabatte, bevendo una birra e fumando una sigaretta, mentre scherza e chiacchiera con gli amici delle favelas brasiliane. Sembra sereno, spesso sorridente, fa la linguaccia, cammina scalzo e si scatena in qualche passo di danza mentre, in altri video, è ripreso in un mercato vicino a una baraccopoli di Rio de Janeiro. Sul suo profilo Instagram, con oltre 9 milioni di follower, pubblica foto di momenti con la famiglia, in palestra e in spiaggia. Di fatti, oggi Adriano appare tranquillo e libero dai demoni del passato, nonostante i suoi problemi noti di depressione e alcolismo.
Nel corso di un’intervista rilasciata ai microfoni di Canal Ser Flamengo, l’ex bomber nerazzurro ha raccontato che in Italia si sentiva triste e depresso e che la sua dipendenza dall’alcol iniziò per regalarsi momenti di difficoltà, finendo per ubriacarsi ogni notte con qualsiasi sostanza liquida a disposizione e non solo: “Non potevo smettere di bere e per questo, a un certo punto, ho dovuto lasciare Milano. Arrivavo agli allenamenti in preda all’ebbrezza e i medici dovevano sempre portarmi in infermeria. Quello che veniva dichiarato ai giornalisti era che ero affetto da priblemi di natura muscolare”.
Durante un’ulteriore intervista a Canal Ser Flamengo, l’ex bomber di Inter, Fiorentina, Parma e Roma ha spiegato il suo ritorno nelle favelas: “Sono nato in una favela e non smetterò di andarci soltanto perché c’è gente criminale. Lì sono felice, con i miei amici e la mia famiglia dove berrò la mia birra e mi divertirò”. A Players’ Tribune Brasil ha anche aggiunto: “Quanto può valere la tranquillità? Tornare nelle favelas significa tornare a casa per me e per questo ho rinunciato a molti soldi”.
Fin dal suo debutto con l’Inter, Adriano è stato considerato un predestinato nel calcio; la bomba a 120 km/h al Santiago Bernabeu di Madrid, in una torrida serata dell’agosto 2001 e il gol allo scadere nel suo debutto a San Siro contro il Venezia, avvenuto quattro giorni dopo il nefasto attacco alle Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001, sembravano proiettare l’allora 19enne a una carriera fatta di gol a grappoli e conseguenti trofei ma le difficoltà legate alla lontananza da casa e, soprattutto se non unicamente, la morte del suo amato padre lo hanno portato in un tunnel di alcol, droga e depressione.
Anni addietro, Adriano aveva annunciato, sulle colonne de La Stampa, che dopo la scomparsa del padre tutto iniziò ad andare peggio, fino a portarlo a chiudere una carriera che se non fosse stato per le sostanze stupefacenti e la depressione lo avrebbe sicuramente portato a scalare le vette del calcio mondiale e, chissà, rimpolpato il palmares dell’Inter.