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I 2 scudetti consecutivi di Alfredo Foni

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Inizialmente aveva anche cambiato i colori della maglia per poi tornare in brevissimo tempo di nuovo al nerazzurro. Nella stagione 1948-49 e dopo alcuni campionati in cui si era smarrita la vena vincente, i nerazzurri si rinforzano; arrivano, infatti, Nyers e Lorenzi. Costituiranno la base di quella che diventerà, nel tempo, una delle squadre più forti della storia del calcio. Nyers è considerato come uno dei più grandi giocatori di ogni epoca; Lorenzi era un attaccante sgusciante dal dribbling veloce e ubriacante. L’Inter vende poi al Bari Fiumi più molti soldi, riceve in cambio Tondonati e Maestrelli, quindi cede questi due giocatori alla Roma e prende Amadei.

Nel 1949-50 arriva l’olandese Wilkes; la sua tecnica è genuina, ha un buon assist e un gran tiro. Ha un limite, s’innamora un po’ troppo del pallone e indugia nelle azioni personali. L’anno successivo è il turno dello svedese Skoglund che ha i cromosomi del campione assoluto ma non ha continuità di rendimento. Alterna grandi partite a delle prove anonime. Nei campionati che vanno dal 1949 al 1952 l’Inter va vicino allo scudetto più volte grazie ai gol dei suoi fuoriclasse Wilkes, Nyers e Lorenzi. L’Inter è una macchina da gol. Ben 107 reti nell’annata 50/51 (alla fine del campionato i nostri punti sarebbero stati 59 contro i 60 del Milan campione d’Italia) e 86 nella stagione successiva.

L’Inter è intrisa di estro e infarcita del talento puro dei suoi protagonisti. La classe è straordinaria, limpida. La squadra non ha però i movimenti di un collettivo; è incapace di perseguire l’obiettivo comune. L’Inter è pazza; alterna gioie e dolori. Nel settembre del 1952 il presidente Masseroni decide il cambiamento e si affida all’oro olimpico di Berlino e campione del mondo nel 1938 Alfredo Foni, che tanto bene aveva fatto alla guida della Sampdoria. Il friulano Alfredo Foni infonde rigore tattico in un gruppo bello ma poco concreto. Il tecnico arretra la sfera d’influenza dell’ala destra Armano (la prima “ala tornante” della storia), inventa Blason nel ruolo di libero dietro i terzini Giovannini e Giacomazzi con l’esplicito intento di potenziare la capacità difensiva dei nerazzurri. L’Inter, per prima cosa, agisce chiudendo gli spazi agli avversari; concentra il gioco a centrocampo e insegue il momento giusto per lanciarsi in contropiede. Davanti l’attacco è devastante con giocatori di grande statura come il centravanti Benito Lorenzi, più noto come Veleno, l’interno svedese Nacka Skoglund, e il talentuoso apolide István Nyers. Difesa e contropiede.

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Il catenaccio fa la sua apparizione e ottiene una consacrazione vincente. Così il grande Gianni Brera commentava l’adozione del modulo catenacciaro: “Come d’incanto l’Inter si è fatta razionale fino a sembrar sparagnina. La squadra rimane bloccata sull’uomo in più in difesa. Vince prodigando il minimo sforzo”. La squadra ha una precisa fisionomia, mostra equilibrio tra i reparti e crede nei propri mezzi. Sono i prodromi delle grandi imprese. Il 14 settembre 1952 riprende il massimo campionato; il primo a diciotto squadre dai tempi della riforma del 1933-34. L’Inter è squadra compatta e solida. La difesa è forte, difficile da superare. Wilkes va via ma arrivano il mediano Nesti e la mezz’ala Mazza. Ghezzi e Neri partono titolari. La Roma parte benissimo ma viene agguantata e superata dall’Inter già nei primi giorni di novembre, per poi perdere terreno e lasciare campo aperto a quella che fu la vera inseguitrice, la Juventus. Il 4 gennaio del 1953 , nello scontro diretto a San Siro, l’Inter batte la Juventus due a zero (reti di Lorenzi al 30’ e raddoppio di Skoglund al 61’).

Il 18 febbraio siamo campioni d’inverno con sei punti di vantaggio sul Milan, secondo classificato. Il girone d’andata è trionfale come testimoniano le 13 vittorie e i quattro pareggi. L’Inter continua nelle sue tappe di avvicinamento allo scudetto. Non ha avversari; e battendo per tre a zero il Palermo si laurea campione d’Italia con tre giornate d’anticipo. Dopo tredici anni d’attesa la squadra nerazzurra torna sul tetto d’Italia. Ecco la formazione titolare: Ghezzi, Blason, Giacomazzi, Neri, Giovannini, Nesti, Armano, Mazza, Lorenzi, Skoglund, Nyers. Così lo scrittore e giornalista Danilo Sarugia ricorda quella squadra nel suo celebra libro “Grande Inter. Figlia di Dio”: “E’ un’Inter cinica, spietata, speculativa che sa produrre un calcio essenziale, tirato all’osso, tutto sostanza, un’Inter che piace poco, parente lontana di quella che aveva dato spettacolo a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta, senza però vincere niente”.

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Nel campionato successivo l’Inter si ripete. Nonostante una serie di fattori avversi e negativi che sembrano soffiare contro la Beneamata. Foni è bersagliato da critiche continue per il gioco difensivista messo in mostra. Il presidente Masseroni inviterà lo stesso tecnico ad addomesticare quel tipo di modulo a costo di trovare nuove strade e percorsi. L’Inter, nel 1953-54, cambia la sua tattica e decide di puntare di più sul gioco d’attacco. Skoglund è immenso e Nyers è in grado spesso di fare la differenza. Il catenaccio, dal punto di vista estetico, si era rivelato poco spettacolare; forse redditizio ma incapace di catturare il palato di tanti. Il cambio di filosofia si rivelerà determinante e decisivo per le vicende del campionato. La prima giornata si gioca il 13 settembre del 1953; l’Inter prende subito il largo e fino a dicembre mantiene la vetta in coabitazione con Juventus e Fiorentina.

I campioni d’inverno sono appunto tre: Inter, Juventus e Fiorentina. A dieci giornate dalla fine il trio è ancora compatto. Poi l’Inter perde la bussola nel derby, si rianima e insegue con rinnovato vigore gli avversari. Alla ventinovesima giornata la Fiorentina perde contro il Milan e rinuncia alla contesa. Inter e Juve proseguono testa a testa sino a due giornate dalla fine del campionato quando i bianconeri cadono, inaspettatamente, in casa dell’Atalanta; l’Inter pareggia a Palermo e conquista la vetta solitaria. Nelle ultime due giornate le vittorie su Torino e Triestina ci consegnano lo scudetto. Il secondo consecutivo. Questa la formazione: Ghezzi, Giacomazzi, Padulazzi, Neri, Giovannini, Nesti, Armano, Mazza, Lorenzi, Skoglund, Nyers. Con 67 reti segnate l’Inter si rivela anche la squadra più prolifica grazie ai gol di Armano, Nyers (133 reti in 182 partite disputate con la maglia nerazzurra) e Lorenzi.

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